Arnold Schwarzenegger Italian Fan Club

 

Fans Corner

L'angolo dedicato ai veri fans di Arnold Schwarzenegger. Inviateci le vostre lettere ed i vostri racconti, aneddoti, foto, incontri con Arnold. Scriveteci e pubblicheremo il vostro articolo nel nostro Fans Corner.

 

L'Ultima Sfida del Team Schwarzenegger.it

Roma, 25 gennaio 2013, ore 9,30 stazione Termini. Antonella ed io siamo appena scesi dal Frecciarossa sul quale siamo saliti appena un'ora e mezza prima dalla stazione S. M. Novella di Firenze. La nostra esperienza da inviati speciali a quell'evento tanto atteso stava per giungere al suo apice ma ancora non stavamo credendo che tutto ciò potesse accadere. Nei mesi precedenti Paolo ed io avevamo lavorato assiduamente sui nostri canali web per aggiornare le pagine con notizie, post e immagini riguardanti l'imminente uscita del nuovo film con la “quercia austriaca”. The Last Stand - L'Ultima Sfida sarebbe uscito nelle sale italiane il 31 gennaio e noi eravamo accreditati per accedere alla conferenza stampa del film. Telefono a Paolo. Lui sta arrivando a Roma in auto. Il nostro rendez-vous è stato fissato in un luogo dal quale prenderemo insieme un taxi per recarci all' Hotel Hassler dove per le ore 11,00 è fissata la tanto attesa conferenza stampa.

C'è il tempo per una sosta in un bar della stazione. Antonella ed io prendiamo un caffè e ci rechiamo all'area taxi. Decidiamo di prenderne subito uno e di raggiungere Paolo anticipando un po' i tempi. Il timore di non arrivare in tempo all'appuntamento con Arnie è tale che ogni eventuale ostacolo tra noi e lui deve essere assolutamente “terminato”, prima ancora che possa arrecarci ritardi. Col taxi ci rechiamo presso un piccolo albergo vicino alla vecchia sede della Sefit CDC, società che ha realizzato infiniti doppiaggi di film e presso la quale, anni prima, Paolo ed io avevamo avuto il piacere e l'onore di incontrare Alessandro Rossi, grande attore e voce ufficiale italiana di Arnold Schwarzenegger.

Troviamo Paolo ad attenderci all'ingresso dell'albergo nel quale avrebbe trascorso la notte in arrivo. Sale a bordo del taxi e dopo gli affettuosi saluti proseguiamo per Trinità dei Monti, zona famosissima di Roma e meta d'obbligo per i turisti provenienti da tutto il mondo. Diciamo pure che una delle zone più “vip” di Roma e, non a caso, vi sono ubicati alcuni degli hotel più blasonati della capitale. Il taxi è rapido e riesce a destreggiarsi egregiamente nel traffico portandoci a destinazione con largo anticipo. Ore 10,30, siamo davanti all'Hotel Hassler. Antonella, Paolo ed io guardiamo il panorama che ci circonda in modo apparentemente attento. Roma è sempre Roma ma nonostante la bellezza della scalinata di Trinità dei Monti, la fontana de “la barcaccia”, gli edifici circostanti, i turisti e la bella giornata di sole, la nostra mente è proiettata verso un altro obiettivo che fino a quel momento era ancora qualcosa di irreale e lontano dalle nostre aspettative. 10:40 entriamo nell'hotel. Porta girevole e... siamo dentro.

L'atmosfera che trasmette l'Hotel è decisamente insolita e suggestiva, per lo meno per “noi comuni mortali” che non siamo abituati frequentare hotel di lusso come quello. Chiediamo alla reception dove si tiene la conferenza stampa, Un addetto alla reception ci indica prontamente la direzione che immediatamente seguiamo all'unisono col movimento delle nostre teste e occhi. Sembravamo quei peluche che un tempo venivano messi sulla cappelliera delle auto e che muovevano la testa simultaneamente seguendo i movimenti del veicolo. Ci avviciniamo alla sala. L'emozione sale anche per il valore dell'evento di per sé. Partecipare alla “conferenza stampa per il lancio di un film” non è cosa da tutti i giorni. Solo i giornalisti accreditati possono essere lì e tutti devono sfilare davanti a un banco di accettazione presso il quale devono dichiarare il proprio nome e testata per cui lavorano e, se tutto fila per il verso giusto, segue prontamente il consueto: “Benvenuto, Sig..., si accomodi”. E' il nostro turno. Il pensiero che ci accomuna è da panico. Siamo arrivati fin lì e magari ci rimandano indietro con una frase pronunciata in modo cortese ma tagliente come una lama, del tipo: “No, voi non siete accreditati”. Forza, un respirone ed “entriamo in scena”.

Al desk dichiariamo il nostro nome e le nostre qualifiche di curatori del sito www.schwarzenegger.it. Incredibilmente veniamo accolti come i più quotati giornalisti di livello internazionale. La collaborazione che avevamo da tempo con la Filmauro aveva prodotto i risultati sperati. Dalla voce della nostra interlocutrice emerge un sincero e caloroso benvenuto. Ovviamente quell'accoglienza ci inorgoglisce e riempie di gioia. A tal proposito approfitto per ringraziare, a nome mio, Paolo e Antonella, l'ufficio stampa della Filmauro per averci concesso questa grande opportunità. Ci consegnano i “pressbook”, opuscoli concepiti per gli addetti ai lavori, redatti per riunire e ufficializzare tutte le informazioni ad uso e consumo della stampa. Trenta pagine di informazioni sul cast, produzione, tecnici, ecc. Perfetto, siamo accreditati, abbiamo il nostro pressbook e siamo in attesa di entrare nella sala allestita per la conferenza.

Attendiamo alcuni minuti e poi le porte della sala si aprono. Siamo tra i primi, entriamo. Le sedie occupano quasi tutta la sala lasciando libero solo uno spazio su un lato ove è stato allestito un lungo tavolo ai cui due estremi sono disposti i cartonati con l'immagine ufficiale del film. Sul tavolo notiamo i cavalieri di cartoncino sui quali sono stampati i nomi di coloro che avrebbero occupato di lì a poco le rispettive postazioni. Da sinistra a destra leggiamo: Arnold Schwarzenegger, Jaimie Alexander e Johnny Knoxville. Ci sediamo in terza fila, solo perché le prime due riportano sulla seduta il classico cartellino “posto riservato”. Ci accomodiamo, guardiamo attoniti la stanza che si riempie lentamente di giornalisti. Le voci in sala aumentano in modo rilevante a tal punto da produrre un'atmosfera ovattata, quasi onirica. Arrivano le tanto attese ore 11:00; nulla. Le 11:20 poi 11:40 e, finalmente, qualche minuto prima delle 12:00 si presenta un'incaricata dell'organizzazione a riferirci che Arnold Schwarzenegger stava arrivando, aggiunge qualche raccomandazione per i giornalisti e si defila. Pochi istanti dopo, nonostante la presenza di lunghe tende alle finestra, dalle vetrate poste sulla parete alla nostra destra i lampi dei flash dei fotografi irrompono nella sala con prepotenza e rapidità fulminea. Per qualche istante i lampi delle macchine fotografiche si vanno a sommare generando un continuo, irreale fascio di luce bianca.

E' ovvio che al di là di quelle vetrate sta accadendo qualcosa che per noi all'interno della sala è solo immaginabile perché nessuno può vedere ciò che accade all'esterno. Il brusio da fuori aumenta mentre in sala cala, come se quei bagliori dei flash stessero magicamente calamitando l'attenzione dei presenti lasciandoli ammutoliti, se pur abituati a quel genere di fenomeno. La tensione sale.. Ore 12,00, si apre la porta nascosta da uno dei due cartonati di The Last Stand, quello alla destra del tavolo. Escono alcune persone e una di queste annuncia, perentoriamente: “Signori... Mr. Arnold Schwarzenegger”. Segue un applauso dirompente e la quercia austriaca passa quella soglia entrando nella sala con sicurezza e tranquillità. A seguire entrano Jaimie Alexander, Johnny Knoxville e parte dell'entourage al seguito degli attori. Arnie saluta sorridendo e si siede mentre la moderatrice della conferenza stampa continua a presentare gli attori in successione, lasciando il tempo alla platea di applaudire ognuno. Nel mentre mi scappa un sincero, liberatorio e spontaneo: “Graaande!” che si può risentire anche nel video della conferenza stampa che ho registrato e postato sul mio canale di YouTube.

Stava accadendo davvero. Cala il silenzio. Gli ospiti sono tutti seduti e affiancati da due traduttrici; una solo per Arnold e una che si divide tra J. Alexander e J. Knoxville. All'estrema sinistra siede la moderatrice che prende la parola e apre la conferenza stampa cominciando a sciorinare dati sul numero di copie del film distribuite in Italia, sulla produzione sulla data di uscita e, per ultimo, aggiunge il doveroso saluto ufficiale ad Arnold e al resto del cast. Non ci posso ancora credere ma Arnold è seduto davanti a me. A occhio e croce è a circa quattro metri di distanza. La prima fila di sedie che reca il cartellino riservato resta vuota per tutta la durata della conferenza stampa. La seconda viene occupata solo da tre persone. Praticamente tra noi ed Arnold ci separa solo un po' d'aria e tanta energia che si sprigiona da ogni poro; di sicuro dai nostri. Arnold prende la sua bottiglia d'acqua rigorosamente sigillata e attentamente scelta “da chi per lui”. Acqua che a prima vista, almeno dal nostro punto di osservazione, poteva essere tranquillamente dell'ottimo distillato o tutt'al più del vino bianco. La forma della bottiglia e la capsula di chiusura sono simili in tutto e per tutto a quelle di vino. Ma evidentemente all'Hotel Hassler, in quelle bottiglie, si racchiude dell'ottima acqua riservata ai palati più speciali. Non divaghiamo e torniamo alla conferenza stampa.

Arnold viene subito sottoposto ad una serie di domande. La traduttrice interviene e Arnold risponde. Il rito si ripete svariate volte lasciando il tempo di rispondere alla medesima domanda anche agli altri due attori presenti. Arnold è a suo agio. Gestisce le domande in modo magistrale, dribblando sapientemente questioni più serie con battute e frasi opportunamente dispensate. Francamente, col senno di poi, mi aspettavo da parte dei giornalisti delle domande un po' più legate al film, alla carriera di Arnold, ai futuri progetti, ecc. Nulla di tutto ciò. Pareva che l'interesse generale, fatta eccezione per qualche domanda piuttosto ovvia su “L'Ultima Sfida”, fosse incentrato sull'opinione di Arnold in merito all'uso e abuso delle armi in USA, soprattutto alla luce dell'ennesimo fatto di sangue avvenuto all'interno di una scuola americana in cui sono periti numerosi bambini colpiti da armi da fuoco per mano di uno squilibrato.

Anche l'ultima domanda rivolta ad Arnold, nonostante fosse stata anticipata dalla moderatrice da un invito alla platea di porla solo su questioni inerenti al film, è ricaduta sulla solita questione. Il giornalista a cui è stata data la parola ha pensato bene di tornare nuovamente sull'argomento armi, sulla loro massiccia presenza all'interno del film, esasperata oltretutto dalla scena in cui una vecchietta, per difendersi dal cattivo di turno, imbraccia il proprio fucile, preme il grilletto e lo uccide. Arnold ha risposto in modo intelligente invitando a riflettere sulle differenze tra realtà e fiction, tra un prodotto pensato per intrattenere e ciò che accade nella vita reale. Inoltre, proprio perché talvolta avvengono queste tragedie, innescate da un processo di emulazione per ciò che viene visto al cinema, Arnold ha precisato che la problematica non è da circoscrivere al solo possesso delle armi ma a chi le si dà, talvolta con estrema facilità, soprattutto a persone che soffrono di disturbi mentali senza prima aver effettuato alcun accertamento medico.

Insomma, le domande tanto attese, del tipo: “per la scena in cui ti sei dovuto gettare dal tetto dell'edificio, senza uso di contro figura, hai dovuto prepararti a lungo? Cosa hai provato?”, “Ti stai allenando con i pesi? Quante ore al giorno?”, oppure: “Interpretare il ruolo di un eroe, privo di quelle caratteristiche fisiche che hanno caratterizzato i tuoi personaggi tra gli anni '80 e '90, ti ha creato difficoltà?”, o anche: “Passare dal ruolo di un'immortale e quasi indistruttibile Terminator ad un ruolo di uno sceriffo di paese, invecchiato e probabilmente annichilito dai suoi trascorsi nell'FBI e dalle vicissitudini della vita, ha richiesto uno sforzo interpretativo o per te è stato semplice?”. Diciamo che queste ma anche molte e molte altre domande sarebbero state gradite e forse più stimolanti rispetto a quelle che in realtà sono state poste ad Arnold. Ma di questo potremmo parlarne per ore. Sono convinto che ognuno di voi (fans di Arnold), se avesse potuto, avrebbe rivolto ad Arnie una domanda speciale.

Quaranta minuti dopo ci troviamo al termine della conferenza stampa. Come per l'inizio, la moderatrice annuncia la sua fine. Immediatamente si sollevano fragorosissimi applausi e... cosa che ci ha spiazzato, arriva lo “tsunami” di giornalisti che si riversa su Arnold. Paolo ed io non facciamo a tempo a rendercene conto che nel giro di frazioni di secondo Arnold viene oscurato alla nostra vista. Antonella prende la macchina fotografica e prova ad aggirare la massa di persone portandosi sulla sinistra della sala. Paolo ed io, ripresi dallo shock, ci catapultiamo su quella massa umana cercando di conquistare il centro campo e poi l'area di rigore. Il pensiero che ci accompagna in quegli istanti è rivolto unicamente a capire: “perché sta accadendo tutto ciò?”. La logica più banale ci suggerisce una risposta: “Probabilmente i giornalisti si precipitano su Arnold per strappargli qualche altra dichiarazione”. Bé, cari lettori, in parte potrà esser stato questo il motivo ma per quello che abbiamo potuto scorgere in quel intricato intreccio di braccia e teste è che molti di quei professionisti della carta stampata erano lì per farsi fare un autografo, attrezzati di locandine, copertine di DVD e l'utilissimo pressbook. Per come li abbiamo visti accanirsi credo che avrebbero potuto “uccidere” pur di raggiungere quello scopo. E' significativa la fotografia che allego sulla quale si può notare Paolo ed io che stiamo cercando di scalare le postazioni per raggiungere Arnold, circondati dai giornalisti. In tutto quel caos, tra spintoni e sgomitate, riconquistiamo la pole position ma a un duro prezzo. L'occupazione della prima linea richiede del tempo durante il quale Arnold ha firma una decina di autografi per poi congedarsi, lasciandoci solo il tempo di immortalarlo con una breve serie di scatti fotografici fatti un po' più a distanza ravvicinata ma decisamente pessimi a causa delle spinte e le botte e la foga con cui sono stati scattati col timore di perderlo di vista da un momento all'altro. “Se in un prossimo futuro avremmo nuovamente l'opportunità di partecipare ad una conferenza stampa con Arnold... Ora sappiamo come regolarci.”

Ancora qualche attimo di confusione. La sala comincia a svuotarsi. Arnold è magicamente sparito, quasi fagocitato dalla moquette della sala o dalla parete a lui più vicina. Insomma, non c'è più. Per non parlare di J. Alexander e J. Knoxwille che non appena si chiude la conferenza stampa e i giornalisti si riversano su Arnold, scompaiono dietro i cartonati del film dove c'è la porta da cui sono entrati una quarantina di minuti prima. Non siamo riusciti a farci fare l'autografo. Non siamo riusciti a raggiungere Arnold per consegnargli il cappellino del nostro fan club. Praticamente siamo stati spiazzati. Ci dirigiamo lentamente fuori dalla sala e salutiamo i nostri contatti della Filmauro. Restiamo a leccarci le ferite ancora qualche istante all'interno della hall dell'albergo e poi, rassegnati ma anche contenti, usciamo dall'Hassler Hotel per “uscir a riveder...”, no, non le stelle ma la luce del sole e i monumenti di Roma. Ma non finisce qui...

... continua (Parte 2)